È opinione condivisa che i minori dovrebbero godere dei più alti standard in materia di protezione internazionale dei diritti umani. In effetti, gli strumenti internazionali che esplicitano come proteggere e tutelare l’infanzia non mancano. Per questo motivo è importante sottolineare i diritti violati di quelle generazioni di bambini che crescono in zone di conflitto.
Sebbene la comunità internazionale promuova costantemente il diritto all’educazione e al non essere ingiustamente arrestato e detenuto, non sempre questi vengono rispettati o applicati adeguatamente. Soprattutto nei casi di territori occupati o sotto occupazione militare.
Nello specifico, nei territori occupati della Palestina, i ragazzi sono troppo spesso privati delle protezioni che meritano. Di conseguenza, è opportuno focalizzare l’interesse sull’impatto che l’occupazione militare ricopre all’interno della loro quotidianità. Lo stato di Israele, in quanto potere occupante, è considerato garante, tra le altre, della difesa e dell’applicazione della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia. È, quindi, il responsabile della violazione dei diritti umani e della mancata tutela degli individui.
Il diritto all’educazione
L’articolo 26 della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo garantisce il diritto universale all’istruzione e cita “l’istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti”. Per quanto riguarda i bambini palestinesi, non si può affermare che questo diritto sia rispettato e soddisfatto appieno. Coloro che vivono nella zona della West Bank abbiano l’obbligo di andare a scuola fino al compimento del quindicesimo anno d’età. Ma molto spesso non si trovano nella posizione di poter godere di tale diritto a causa dei blocchi militari permanenti o temporanei dell’esercito israeliano. Di fatto, per raggiungere la scuola possono volerci ore; frequentemente, durante il percorso, i militari israeliani prendono di mira i giovani per intimidirli, picchiarli e arrestarli senza motivo apparente (molto spesso le accuse si riferiscono al lancio di pietre).
Attacchi da parte delle forze israeliane e coloni alle scuole, comprese le violenze sul personale scolastico attraverso minacce e continue interruzioni, hanno avuto un forte impatto sull’accesso ai servizi educativi. Save the Children riporta che, solo lo scorso maggio, più di cinquanta scuole sono state distrutte o gravemente danneggiate, mettendo in pericolo di vita più di 42000 bambini, molti dei quali hanno riportato gravi ferite. Gli attacchi alle scuole, come agli ospedali, costituiscono una grave violazione del diritto internazionale umanitario in quanto luoghi che ospitano soggetti vulnerabili e indifesi e, soprattutto, che non sono parte attiva del conflitto.
La situazione nella Striscia di Gaza
All’interno dei territori palestinesi occupati, la Striscia di Gaza vive una situazione diversa da quella della West Bank. La prolungata chiusura di questa da parte di Israele ha rallentato l’arrivo del materiale necessario per la riparazione delle scuole danneggiate. Oltre a ciò, anche i materiali didattici scarseggiano e le frequenti interruzioni di corrente non aiutano ad avere un ambiente favorevole all’apprendimento.
La crisi umanitaria, all’interno della Striscia, impedisce di frequentare la scuola, portando il tasso di abbandono scolastico ad aumentare sempre di più. L’Unicef dichiara che la metà degli adolescenti maschi non frequenta la scuola, mentre il 25% dei bambini di età compresa tra i 9 e i 13 anni abbandonano la scuola a causa della situazione geopolitica nella quale stanno crescendo. L’accesso all’educazione è quindi fortemente limitato dalla mancata libertà di movimento all’interno dei territori occupati. Questi luoghi sono considerati molto pericolosi; specialmente per gli adolescenti maschi che vengono spesso fermati e interrogati, a volte incriminati ingiustamente per reati fasulli, come riporta Save the Children.
Minori palestinesi all’interno del sistema di detenzione militare israeliano
La quotidianità dei giovani palestinesi vive la difficoltà d’accesso al diritto all’istruzione anche a causa del sistema di arresto e detenzione israeliano, rivolto non soltanto agli adulti palestinesi ma anche ai minori. Dal 1967, Israele ha gestito due sistemi legali separati all’interno dei territori palestinesi occupati. I coloni israeliani sono soggetti al sistema legale civile e penale, mentre i palestinesi vivono sotto la legge militare. Save the Children riporta che, ogni anno, tra i 500 e i 700 bambini palestinesi della Cisgiordania subiscono processi e detenzioni secondo la legge militare israeliana. Ad oggi, Israele rimane l’unico paese a punire i minorenni all’interno dei tribunali militari. Secondo il parere n°24 del 2019 del OHCHR, la detenzione dei bambini deve essere usata solo come ultima soluzione punitiva e coloro che vengono a contatto con i sistemi giudiziari devono essere trattati con rispetto, in modo da promuoverne la dignità e i valori.
Il divieto di maltrattamento dei bambini in regime di detenzione è assoluto. Ma, per diversi anni, avvocati di tutto il mondo, rappresentanti di NGO ed esperti delle Nazioni Unite hanno riportato situazioni di vessazione minorile nel sistema di giustizia israeliano. Secondo un report stilato da Save the Children, più della metà dei bambini intervistati dichiara di non aver ottenuto l’incontro con i genitori. In alcuni casi gli è stato perfino fatto credere che le loro famiglie li avessero abbandonati, andando così a minacciare la loro stabilità psicologica e la loro possibilità di resilienza, compromettendo la loro capacità di recupero. Molti hanno riferito che gli sia stato negato il diritto di difendersi dalle accuse; il 47% afferma di non aver potuto ricorrere all’assistenza legale prima di essere interrogati. Questi scenari sono confermati anche da diverse ricerche e studi condotti da Terre des Hommes.
L’epidemia da Coronavirus, inoltre, non ha fatto altro che peggiorare la situazione dei giovani palestinesi nelle carceri israeliane, situazione confermata dal Daily Sabah. Save the Children sostiene che la detenzione militare israeliana sembra progettata per renderli indifesi, e informa sulle continue violazioni dei diritti umani, tra cui la negazione delle cure mediche necessarie e la riduzione di alimenti.
L’impatto dell’occupazione sui minori palestinesi
L’occupazione israeliana della Striscia di Gaza ha portato alla morte di più di cinquecento bambini. Il numero supera i mille se si considerano anche coloro che sono stati spettatori di tali atrocità, riportando ferite e permanenti disabilità. Uno studio condotto dall’Unicef nel 2012 ha rilevato che il 91% di loro ha disturbi del sonno a causa del conflitto, e l’82% ha paura della morte imminente.
Medici Senza Frontiere dichiara che questo conflitto avrà ripercussioni serie sul loro sviluppo psico-emotivo. Sottolinea inoltre che i bambini palestinesi di sette anni sono già stati testimoni e superstiti di ben quattro guerre solo sul territorio palestinese. Il DPTS (disturbo post-traumatico da stress) è tra le conseguenze più diffuse e rappresenta una risposta agli eventi traumatici e violenti che hanno vissuto.
Ostaggi e vittime inconsapevoli di una “prigione a cielo aperto”, i bambini palestinesi risultano, ad oggi, le vittime di uno dei conflitti più politicizzati del mondo. La comunità internazionale non è stata in grado di offrire una reale e applicabile soluzione alle sofferenze della popolazione palestinese, né di proteggere i suoi membri più fragili.
Giulia Meco
Per approfondire l’argomento:
Terre des Hommes: Istruzione dei minori palestinesi nelle prigioni israeliane: una politica intenzionale di de-educazione
Al Jazeera: Infographic: How many Palestinians are imprisoned by Israel?International Palestine: Right to a childhood