Di solito quando si parla di Palestina lo si fa in relazione al pluridecennale conflitto con Israele e si tende a tralasciare quali siano i bisogni della società, facendoci credere che non ci sia vita oltre il conflitto. In realtà la società palestinese esiste e resiste, ed è per questo importante imparare a conoscerla parlando di cultura e consuetudini, ma anche raccontando metodi innovativi di resistenza all’occupazione.
Come molte tra i popoli arabi, anche quella palestinese è una società molto giovane, infatti circa il 1 28,7% dei 5 milioni di palestinesi residenti in Cisgiordania e a Gaza ha un età compresa tra i 15 e i 29 anni (dati Fanack). Residenti in territori occupati, sono però costretti a condurre vite molto diverse rispetto ai loro coetanei e si stima che il 41,1% di questi sia disoccupato. Purtroppo queste statistiche non risparmiano neanche i giovani laureati e sembrerebbe che questi numeri non spaventino né il mondo del lavoro né l’opinione pubblica internazionale. Questa tragica situazione è dovuta all’occupazione territoriale israeliana e al prolungato conflitto che colpisce i territori palestinesi, racconta Il fatto quotidiano. Sebbene la crescente digitalizzazione della popolazione mondiale abbia creato un’infinita narrazione sulla Palestina, uno degli argomenti che non viene quasi mai trattato riguarda le iniziative culturali e i progetti dei giovani palestinesi nati come risposta non-violenta al regime israeliano.
Fondamentali sono le attività nazionali o internazionali in grado di promuovere progetti culturali e aggregativi e dare ampio spazio alle diverse forme di arte per fare in modo che ognuno si senta libero di esprimere la propria persona e la propria opinione come vuole e come meglio gli riesce.
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Foto di Hulki Okan Tabak