Malgrado la sua fondazione nel 1912, il movimento scout palestinese ha faticato per ottenere il suo riconoscimento a livello internazionale. Dopo gli avvenimenti del 1948, infatti, ha ottenuto l’approvazione solo nel 2016. Fortemente attivisti nelle città dei territori occupati, gli scout palestinesi si fanno portavoce di un’istanza apolitica che rimane fortemente legata al movimento identitario per la libertà della Palestina.
Le fatiche del riconoscimento, anche per gli scout
“Gli scout sono amici di tutti e fratelli di ogni altra Guida e Scout”. Recita così uno dei 12 punti della Legge Scout, seguita a livello universale dagli aderenti al movimento mondiale, con il movimento lanciato prima di tutto a Gerusalemme nel 1912. Si diffuse poi nelle città palestinesi.
Anche nello scoutismo, però, la Palestina ha dovuto affrontare una lunga battaglia per il riconoscimento ufficiale. Se questo arrivò inizialmente nel 1928, fu tolto nel 1948, in coincidenza della Nakba e dell’ufficializzazione dello Stato di Israele. Solo il 27 febbraio 2016, dopo anni di negoziati e una continua attività degli scout palestinesi nei territori di diaspora come Siria, Libano e Giordania, il movimento scout palestinese è stato ufficialmente riconosciuto come membro del WOSM (World Organization of the Scout Movement), l’organizzazione mondiale del movimento scout, a seguito di tre mesi di voto online che ha visto 162 Paesi approvare in modo unanime il ritorno del movimento scout palestinese dopo 68 anni di assenza.
Un movimento apolitico, un approccio identitario
Come ogni altro movimento scout, anche quello palestinese si definisce come un’associazione apolitica, indipendente, volontaria e a scopo educativo. Si basa sui principi e valori di Guide e Scout a livello internazionale. Un carattere apolitico, sì, ma un approccio identitario. Come potrebbe d’altronde un movimento che fa della fratellanza uno dei suoi cardini costitutivi essere dissociato dalla causa identitaria della Palestina? Come potrebbe contribuire a quella lotta per il suo riconoscimento che sorpassa i confini associazionistici e acquista una portata globale? Ne è un esempio l’intricato nesso tra occupazione israeliana e ruolo dello scoutismo palestinese nella gestione dei pellegrinaggi alla Moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme, il terzo sito più sacro per l’Islam che nel periodo del Ramadan vede la concentrazione di accessi, così come l’aumento di tensioni tra Israele e Palestina.
Circa 800 scout musulmani e cristiani si ritrovano insieme per agevolare il quieto svolgersi delle funzioni nella moschea, così come per dare supporto alle migliaia di fedeli provenienti dalle città palestinesi vicine in caso di attacchi da parte delle forze armate israeliane, come avvenuto nel recente passato. Ogni attività si interfaccia a suo malgrado con le restrizioni di Israele. Da un lato, c’è la difficoltà a ottenere i permessi per i pellegrini provenienti dai territori occupati per raggiungere la moschea; dall’altro, l’opposizione delle forze israeliane alle iniziative stesse degli scout palestinesi, che porta limitazioni imposte da Israele anche su raduni dei movimenti provenienti da città diverse.
Una fratellanza che punta in alto, oltre il Muro
Questo approccio identitario alla causa palestinese permea pertanto anche l’attività del movimento pienamente iscritta in una instancabile, silenziosa, ma non per questo meno efficace, lotta verso il riconoscimento e la liberazione della Palestina. Il concetto di fratellanza risulta quasi scontato all’interno del movimento palestinese, ma non si ferma qui. Gli scout attivi nella Moschea di Al-Aqsa sono stati tra i protagonisti della visita del comitato del WOSM in Giordania, Israele e Palestina nel 2019. Ciò ha confermato l’importanza del movimento scoutistico nella vita delle comunità locali palestinesi, con un impegno attivo anche al campo rifugiati di Am’ari, ad est di Ramallah, così come a Betlemme.
A seguito del riconoscimento ufficiale del 2016, la partecipazione di scout palestinesi a campi estivi e meeting internazionali prende posto nel teatro arabo, ma anche in quello europeo. Il connubio tra movimento scoutisco palestinese ed israeliano rimane vincolato alle divisioni politiche del conflitto. Tuttavia, esperienze di visite come quella vissuta da 23 giovani scout israeliani nel 2016 per conoscere e capire realmente cos’è l’Altro e come una coesistenza pacifica possa davvero realizzarsi getta un barlume di speranza su una fratellanza che punti davvero in altro, oltre il Muro. D’altronde, gli scout sono amici di tutti e fratello di ogni altra Guida e Scout.