“Habibti”, romanzo avvincente e profondamente toccante di Cristina Hanna, offre uno sguardo intimo sulla complessità delle relazioni interculturali e dello scontro tra identità diverse.
Cristina Hanna, nata ad Ashkelon in Israele, attinge alla sua esperienza personale per creare una narrazione coinvolgente e autentica. Il dualismo tra la sua eredità arabo-cristiana e la cultura italiana in cui è cresciuta si riflette chiaramente nel romanzo. Questo conflitto interiore si traduce in una scrittura ricca di emozioni, rendendo il romanzo un’esperienza profondamente empatica per i lettori. La scrittura di Hanna è semplice, per nulla pretenziosa, ma vibrante e piena di dettagli. Immerge i lettori in un’esperienza sensoriale, dove nuovi odori, colori, sapori e sfumature prendono il sopravvento.
“Le aveva già spiegato la differenza tra i ristoranti arabi e quelli occidentali. Mentre in un ristorante italiano è costume ordinare individualmente i piatti, ognuno ordina per sé antipasto, primo e secondo o una combinazione differente dei tre, nei ristoranti arabi non esiste il concetto di individuo, i commensali condividono infatti l’antipasto”
La storia di Sara, giovane donna italiana che si imbarca in un viaggio da Roma a Tel Aviv per incontrare la famiglia del fidanzato Amir prima del matrimonio, è un viaggio di scoperta che attraversa le profonde contraddizioni di due mondi apparentemente inconciliabili. Il soggiorno di Sara è inizialmente pervaso da un senso di spaesamento e disagio. Il suo tentativo di adattarsi alle usanze della cultura di cui Amir fa parte la porta ad attraversare una serie di ostacoli e conflitti interiori.
Le regole non scritte della società araba si svelano pian piano. Sara si ritrova su un campo minato di aspettative e limitazioni che mettono alla prova la sua comprensione della relazione con Amir e di sé stessa. In una storia di crescita personale e di riscoperta, Sara attraversa un processo di autoesplorazione e cerca di capire il suo ruolo in questo nuovo e complesso mondo. La lotta per trovare un suo posto e il tentativo di comprendere le delicate dinamiche familiari di Amir rendono il romanzo coinvolgente e più intricato di quello che all’apparenza può sembrare.
“Amir aveva tentato di insegnarle a ballare sulle canzoni arabe, ma nessuno dei suoi sforzi aveva procurato dei risultati paragonabili al modo in cui Jasmine sembrava trasudare sicurezza mentre ballava con Amir. Nonostante i loro corpi non si toccassero mai, se non per rare giravolte giocose, Sara pensò a quei documentari dove la voce fuori campo spiegava dettagliatamente le danze di accoppiamento di alcune specie di animali selvaggi.”
“Habibti” brilla anche per la sua capacità di rivelare quanto, nonostante le apparenze, le culture arabo-cristiana e italiana abbiano molte similitudini. Mentre il romanzo si concentra sulle differenze e le tensioni, non possono che affiorare anche i punti di convergenza che legano queste due culture.
Una delle questioni che emerge chiaramente nel libro è la visione della donna e del suo corpo nelle due culture. Sara, la protagonista, si scontra con le aspettative culturali che le sono imposte sia dalla società arabo-cristiana di Amir, che dalla società italiana. Entrambe sono infatti schiacciate da retaggi patriarcali simili, in cui alle donne — sebbene in forme diverse — è richiesto di seguire norme e aspettative che limitano la loro libertà e autodeterminazione.
Il personaggio di Nadia, la madre di Amir, rappresenta un punto di unione tra le due culture. Racchiudendo in sé il topos della suocera ingombrante ma necessaria, le cui motivazioni si rivelano più profonde e importanti di quanto ci si aspetti. L’arco narrativo di questo personaggio è probabilmente uno degli aspetti più gradevoli di tutta la lettura.
Mia madre diceva sempre che non c’è niente di meglio dei baklawa per spazzare via l’amarezza di questa vita. Poi è morta di diabete, ma è Dio a decidere la lunghezza della nostra vita, non i dolci…
In definitiva, “Habibti” è un romanzo che ci invita a riflettere sulle somiglianze che spesso sottendono alle differenze culturali. Riconoscere queste similitudini può aiutare a superare le divisioni e promuovere un dialogo più profondo e significativo tra le diverse comunità. È un libro lineare e scorrevole, che comunque ci sfida a cercare punti di incontro nelle esperienze umane.
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