Il romanzo “Uomini sotto il sole” dell’autore Ghassan Kanafani è uno dei libri più conosciuti della letteratura palestinese e araba. Racconta non solo della diaspora palestinese, ma di ogni popolo e persona costretta a lasciare il proprio Paese in cerca di una vita migliore. Oggi, è più attuale più che mai.
Ghassan Kanafani: la scrittura come attivismo
Kanafani è stato uno dei più rinomati scrittori palestinesi, testimone attraverso la propria vita e i propri scritti della realtà dei profughi: costretti a lasciare le proprie case, senza avere la possibilità di sapere quando poterci tornare.
Nacque nel 1936 ad Acri e nel 1948, all’epoca della nakba, assistette al terribile massacro di Deir Yassin, quando dei militanti sionisti attaccarono il piccolo villaggio vicino Gerusalemme, uccidendo circa 200 tra uomini, donne e bambini.
In seguito la sua famiglia, come tanti altri palestinesi all’epoca, si spostò alla ricerca di un rifugio. Andarono prima in Libano, poi a Damasco, dove Kanafani iniziò a lavorare come insegnate. Nel 1955, come tanti coetanei arabi, scelse di raggiungere il fratello in Kuwait, paese che all’epoca stava conoscendo un’estrema crescita economica grazie alla vendita del petrolio. Proprio qui iniziò a scrivere le sue opere ed è da questa sua esperienza di migrante nel Paese del Golfo che prese spunto per il suo primo romanzo, “Uomini sotto il sole”.
Dal 1960 fino alla sua morte per mano di un attacco terroristico, Kanafani – anche se in esilio – si dedicò all’attivismo politico e letterario per la propria patria.
La diaspora palestinese nella letteratura
“Uomini sotto il sole”, pubblicato nel 1960, narra le storie di tre uomini palestinesi di diverse età, accomunati da uno stesso destino. Decidono di abbandonare la propria patria subito dopo la nakba, per andare alla ricerca di fortuna nel tanto bramato Kuwait.
L’anziano Abu Qais, il giovane Asad e il poco più che fanciullo Marwan scelgono di attraversare l’inferno del deserto iracheno all’interno di una autocisterna vuota:
Il povero piccolo mondo si apriva la strada attraverso il deserto come una goccia d’olio pesante su una lamiera di stagno infuocato. Il sole era alto sopra le loro teste, rotondo, fiammeggiante e splendente. Nessuno di loro si curava più di asciugarsi il sudore. Asad si mise la camicia sopra la testa, raggomitola le gambe e lasciò che il sole lo arrostisse, senza opporre resistenza; Marwàn, invece, appoggiò la testa sulla spalla di Abu Qais e chiuse gli occhi… Abu Qais fissava la strada, stringendo con la forza le labbra sotto gli spessi baffi grigi.
Le loro storie si intrecciano proprio attraverso l’autista dell’autocisterna, uno dei personaggi più significativi dell’opera. Un palestinese profondamente segnato dalla guerra, che ha scelto di votare la propria vita al denaro. Un uomo vinto dal suo vissuto e dai suoi traumi, che sembra aver dimenticato la propria umanità. Un uomo che, nel perdere la sua patria, ha perso anche sé stesso.
“Uomini sotto il sole”: la storia di ogni migrante
“Uomini sotto il sole” è il racconto di ogni migrante, palestinese o meno, che – costretto ad abbandonare la propria casa – nel percorso verso ciò che viene considerata libertà, perde per sempre una parte di sé. Un libro che ci aiuta a riflettere su quanto realtà che ci sembrano lontane, siano più vicine di quel che possiamo immaginare. Storie reali di persone reali che, solo perché nate in situazioni o circostanze sfavorevoli, hanno dovuto pagare caro il prezzo del desiderio umano di sopravvivenza.
Puoi trovare “Uomini sotto il sole” in differenti librerie, oppure ordinarlo al link Uomini sotto il sole – Edizioni Lavoro.
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