di Federica Sammali
A Gaza, terra martoriata da sofferenze senza fine, continua a risplendere la resilienza dell’arte che non si piega alla disperazione, ma riesce a trasformare l’ineluttabile e distruttiva crudeltà della guerra in forza propulsiva per produrre creatività e speranza.
Resistere per ricordare
Qualche settimana prima di essere ucciso da un attacco aereo israeliano, il poeta palestinese e professore di letteratura comparata all’Università islamica di Gaza Refaat Alareer aveva condiviso dei versi della sua poesia del 2011, “Se devo morire”. “Se devo morire/tu devi vivere/raccontare la mia storia”, si legge nella poesia. Poco prima di essere ucciso, Alareer stava discutendo con la sua famiglia se lasciare l’abitazione in cui aveva trovato rifugio a Gaza City.
Dal tragico evento, le parole di Alareer assumono oggi un nuovo significato e una nuova profondità. Non solo rappresentano un elogio autentico e autoprodotto al defunto poeta, ma risaltano anche per la loro capacità di catturare l’esperienza umana della guerra, un’esperienza umana e civile comune. Esse danno voce alle testimonianze di ogni singolo individuo che non si arrende e, anzi, usa le parole come strumento di trasformazione e di preservazione della memoria di ciascuno.
Così, mentre innumerevoli artisti, poeti e scrittori vengono uccisi, catturati o costretti all’esilio, quelli che rimangono continuano a portare avanti il loro lavoro, a Gaza come altrove, ma sempre per Gaza, testimoniando la storia e la sofferenza del loro popolo attraverso l’arte. Oggi, vogliamo, dunque, citarne alcuni, affinché, attraverso la loro penna e i loro colori, riecheggi anche la voce di coloro che non ci sono più.
I volti dell’arte di Gaza
E’ il 6 ottobre 2023 quando l’artista palestinese Malak Mattar si trasferisce a Londra per frequentare un Master di Belle Arti del Central Saint Martins. Durante i primi giorni dal nuovo scoppio della guerra, Mattar ha confessato di non essere stata in grado neanche di afferrare una matita. “Mi sentivo completamente paralizzata. Ma poi mi sono svegliata e mi sono resa conto di avere una missione ancora più grande questa volta” afferma. Con la sua famiglia ancora a Gaza, osserva la guerra da lontano, ma utilizza delle storie che sono anche le sue, le immagini, nonché filmati dai social media, per trasporle nei suoi dipinti. Organizzate come una serie di vignette, sta trasformando queste storie in opere d’arte di livello storico.
C’è anche poi chi, come Basel Al Maqousi, la guerra la vede da vicino. Pittore molto noto a Gaza, trasferitosi recentemente a Rafah, Al Maqousi continua ad esprimere la sua arte qui, con l’ardente desiderio, un giorno, di poter tornare a casa a Beit Lahia, nel nord della Striscia. Vorrebbe ripartire dalle macerie e organizzare una grande mostra lì, quando la guerra sarà finita. Intanto, nella biblioteca di Rafah è riuscito a procurarsi delle matite e della carta, che custodisce gelosamente con sé. A Rafah, oltre a dedicarsi alle sue opere pittoriche, Basel Al Maqousi ha iniziato a lavorare come volontario in una scuola-rifugio per bambini. Qui insegna loro a dipingere, come forma di arte-terapia, per aiutarli a sfogare lo stress e il dolore della guerra.
Vi è anche il celebre poeta Najwan Darwish, che, durante una recente intervista rilasciata a The Guardian, ha affermato di essere rimasto particolarmente colpito dai messaggi dei bambini di Gaza. “Mi hanno distrutto ma anche dato conforto” ha affermato. E, allo stesso tempo, il poeta si domanda quale sia il reale ruolo dell’arte e della scrittura di questi tempi:
Darwish vive a Gerusalemme. La New York Review of Books lo ha descritto come “uno dei più importanti poeti arabi contemporanei“. Ha pubblicato otto libri di poesie in arabo e i suoi scritti sono stati tradotti in oltre venti lingue.
Non potremmo dimenticare di rendere omaggio anche a Mosab Abu Toha. Lo scrittore palestinese, lo scorso 20 novembre, è stato sequestrato e portato in una prigione israeliana, e qui interrogato e picchiato. Abu Toha è stato prelevato, insieme a centinaia di altre persone, mentre tentava di lasciare il nord della Striscia e raggiungere il valico di Rafah, a sud, per entrare in Egitto con la sua famiglia. Rilasciato poco dopo dall’esercito, come conferma la comunicazione dell’associazione mondiale degli scrittori Pen International, ha pubblicato il suo recentissimo pezzo per “The New Yorker”, che lui stesso definisce “il pezzo più lungo e più importante che io abbia mai pubblicato” e che racconta del terrore dei giorni precedenti e seguenti il suo rapimento, del dolore di essere stato separato dalla sua famiglia, e in seguito picchiato e ammanettato dalle truppe israeliane.
Nel 2022, Mosab Abu Toha aveva vinto l’American Book Award, il Palestine Book Award e nel 2023 il Derek Walcott Poetry Prize con la sua raccolta di poesie in inglese di “Things You May Find Hidden in My Ear”.
Uno sguardo al futuro
A loro si aggiungono Mohammed Zanoun, fotoreporter che, dopo aver subito gravi lesioni al viso e sul corpo a seguito dell’attacco dell’IOF nel quartiere di Al-Shujaiyya nel 2006, ha continuato il suo lavoro di documentazione dell’assedio di Gaza con foto commoventi e memorabili. Ahmed Hijazi, content creator e reporter che, in un video documentario rilasciato da Al Jazeera il 12 dicembre 2023, testimonia l’agonia di un popolo lacerato sotto le macerie dopo i bombardamenti nella piazza di Yarmouk e contro l’ospedale Al Shifa. Mohammed Moussa, fondatore di “Gaza Poets Society“, un gruppo di giovani artisti e poeti teso a supportare e incentivare la produzione letteraria nella Striscia.
Ogni pennellata, ogni verso, ogni immagine racconta una storia di tenacia, coraggio, di speranza. E mentre il mondo guarda, con mille occhi e prospettive diverse, la tragedia che si consuma a Gaza, questi artisti ci ricordano che la vera vittoria risiede nella capacità di trasformare la rovina in creazione, la sofferenza in racconto, la disperazione in speranza. Che le loro opere possano continuare a risuonare nel nome di chi ha sperato e di chi continua, oggi a sperare in un giorno migliore. Che il loro messaggio di resistenza possa essere ascoltato e condiviso da tutti noi. E che un giorno gli artisti di Gaza possano finalmente tornare a dipingere sotto un cielo privo di nubi, di quel blu così nitido e incantevole che solo la pace può regalare.