Il conflitto tra Israele e Palestina ha radici profonde che affondano nel tessuto della storia moderna. La terra, ora macchiata del sangue di migliaia di uomini e donne, è stata testimone di racconti millenari e culture fiorenti, conflitti e conquiste. Ora, teatro di un massacro e una devastazione tale da scuotere le radici della storia stessa.
Poiché il prezzo di un conflitto di tale portata non è solo l’annichilimento della vita ma la distruzione della memoria collettiva di un intero popolo.
La storia in pericolo
Ad essere minacciato dalla devastazione della guerra è, difatti, anche il lascito dei popoli che nei secoli hanno definito la Palestina casa. L’identità stessa dei palestinesi, legata in parte alla terra e ai siti archeologici che ne testimoniano l’esistenza longeva, è in pericolo. Per coloro che vedono nella Palestina sé stessi e la propria storia, questa terra martoriata va salvata.
La recente offensiva ha inferto ferite profonde al patrimonio culturale palestinese. Dal 7 ottobre 2023, l’esercito israeliano ha demolito centinaia di siti archeologici registrati nella Striscia di Gaza. La perdita di questi luoghi non è solo fisica, ma colpisce al cuore l’identità di un popolo già segnato da decenni di conflitto.
Distruzione dei siti archeologici
Tra i siti distrutti figurano chiese antiche, moschee, scuole, musei e altri monumenti storici di grande valore culturale. Questi siti, che abbracciano diverse epoche storiche, testimoniano un periodo esteso dalla fine dell’VIII secolo a.C. fino al 1400 d.C. Alcuni di essi risalgono ai primi insediamenti fenici, radicati in antiche tradizioni commerciali e culturali, mentre altri sono eredità delle grandiose realizzazioni architettoniche dell’Impero Romano. Alcuni edifici, più recenti, risalgono a circa quattro secoli fa, evidenziando la continua evoluzione e stratificazione storica di questi luoghi.
Come affermato dal Gaza Media Office in un comunicato, esemplari significativi come la Grande Moschea Omari, la chiesa bizantina di Jabalia, il Santuario di Al-Khadir a Deir al-Balah e il cimitero bizantino di Blakhiya sono stati completamente devastati. Altri siti, tra cui la chiesa greco-ortodossa di San Porfirio, la casa Al-Saqqa e la moschea Sayed al-Hashim, sono stati gravemente danneggiati.
Una devastazione premeditata
Secondo l’Euro-Med Human Rights Monitor, Israele ha intenzionalmente distrutto monumenti storici nella Striscia di Gaza, accusandolo di prendere di mira esplicitamente il patrimonio culturale palestinese. È infatti opinione di Euro-Med che l’attuale confitto rappresenti un intenzionale e deliberato impoverimento del patrimonio storico e culturale dell’enclave. Euro-Med ha dunque sottolineato che “il diritto internazionale umanitario proibisce in ogni circostanza il mirare deliberatamente a siti culturali e religiosi, i quali non costituiscono obiettivi militari legittimi né una necessità militare imperativa.” Eppure, la devastazione c’è e continua.
Il 19 ottobre, un bombardamento israeliano ha colpito la chiesa greco-ortodossa di San Porfirio, uccidendo e ferendo numerosi palestinesi che vi avevano trovato rifugio. Fondata nel 425 d.C., San Porfirio è una delle chiese più antiche al mondo.
Altri siti di rilievo come l’Hamam al-Samra sono stati quasi completamente distrutti da attacchi aerei israeliani, cancellando così importanti testimonianze dell’eredità culturale della regione. Gaza, città antica e storica, ha vissuto sotto il dominio di numerosi imperi e civiltà, tra cui Faraoni, Greci, Romani, Bizantini e l’epoca islamica. Ora le prove empiriche di questa storia millenaria sono a rischio come le migliaia di vite dei palestinesi attualmente sotto attacco.
Il linguaggio universale dell’archeologia
I numerosi siti di Gaza danneggiati o distrutti non solo incarnavano l’eredità architettonica, ma anche la testimonianza storica di un popolo che nessuna guerra dovrebbe avere il diritto di cancellare. La distruzione di questi luoghi, carichi di significato e memoria, rappresenta una perdita incommensurabile.
Nel cuore di Gaza, i simboli della sua storia giacciono in rovina, macerie silenziose, desiderose di poter continuare a raccontare e raccontarsi. Per gli abitanti locali, ogni pietra rovinata rappresenta un frammento perduto della loro storia millenaria, un pezzo irrecuperabile della loro anima collettiva.
La preservazione di questi siti non è solo una questione di interesse storico; è un atto d’amore. Mantenere intatte queste testimonianze significa alimentare la fiamma di un intero popolo, permettendo alle generazioni future di dialogare con il proprio passato attraverso il linguaggio universale dell’archeologia.