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Najwan Darwish poeta palestinese e la sua terra

Esausti in croce di Najwan Darwish: terra e poesia

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Najwan Darwish, poeta palestinese e il legame con la sua terra

Najwan Darwish (Gerusalemme, 1978), poeta palestinese, è considerato uno dei più importanti poeti in lingua araba. Ha pubblicato numerose raccolte di poesia, tradotte e apprezzate in tutto il mondo. Nei suoi versi, Darwish rende omaggio alla sua terra e al legame indissolubile con il suo popolo, con versi di una profondità e precisione straordinarie. La raccolta “Esausti in croce”, pubblicata in Italia da Hopefulmonster Editore nel 2024, ne è esempio.


Il poeta come testimone della storia

In una delle sue ultime interviste, Darwish mette in discussione il suo ruolo da poeta, chiedendosi come le sue parole potrebbero davvero aiutare la sua gente. Tuttavia, è proprio questa necessità di raccontare storie, culture, verità e orrori che rende il lavoro dei poeti fondamentale nei nostri tempi. In Esausti in croce, Darwish svolge questo compito con estrema puntualità, intrecciando lstoria e geografia della Palestina, spingendosi oltre i suoi confini per esplorare anche i Paesi vicini del Medio Oriente.

“A volte mi arriva il suono della campagna della chiesa in fondo a Wadi Nisnas. A volte mi giunge piano il canto del muezzin della moschea Istiqlal, lo porta l’antica brezza da Wadi Salib.”

Najwan Darwish, Mio vicino, il Carmelo,

In questi versi della poesia Mio vicino, il Carmelo, Darwish evoca Haifa. Il riferimento è a Wadi Nisnas, la Valle del Babbuino, un antico quartiere abitato dai palestinesi sopravvissuti alla pulizia etnica del 1948/49. Attraverso questi dettagli, Darwish ci guida oltre i confini dell’occupazione, restituendo dignità alla terra sottratta al popolo palestinese e rivendicandone la proprietà. E lo fa proprio attraverso la conoscenza intima dei luoghi, svelando i particolari nascosti di un quartiere o invitandoci a osservare un monumento. 

Così anche nella poesia Chatila, dedicata al massacro di Sabra e Chatila del 1982. 3000 palestinesi furono trucidati sotto il comando di Ariel Sharon, allora ministro della Difesa israeliano. In questo componimento, Darwish riporta alla memoria eventi storici troppo spesso dimenticati, soprattutto dalla comunità internazionale.


Il linguaggio visivo di Darwish

I versi di Darwish sono intrisi di un’energia esasperata e densa. Ogni sua poesia dipinge immagini vivide, inizialmente intrise di un tono romantico. Poi colpisce il lettore con un’improvvisa realtà dura e implacabile in cui le parole gli crollano addosso come macigni.

“A volte mi arriva il suono della campagna della chiesa in fondo a Wadi Nisnas. A volte mi giunge piano il canto del muezzin della moschea Istiqlal, lo porta l’antica brezza da Wadi Salib.”

Najwan Darwish, Passamelo


La poesia e la Terra

Nella poesia di Darwish c’è una sorta di preghiera rivolta non solo a chi soffre, ma anche alla terra e al mare. Quel mare che, all’inizio della raccolta viene invitato a bersi un caffè come fosse un vicino di casa, quel mare che in seguito diventa una prigione, come nel caso di Gaza. E allora ecco che nella violenza di descrivere il corpo di un bambino massacrato, il poeta conferisce alle sue parole un’immortalità senza tempo, e le immagini diventano una condanna che peserà per sempre sulle spalle dell’umanità. Eppure, insieme a questo peso, emerge un grido di amore viscerale verso la Terra, quello “Stendardo sconfitto” senza il quale non saremmo qui, a denunciare tutto ciò che ci viene sottratto. 


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