Di Maria Rosa Milanese
Il ruolo dell’università tra innovazione e responsabilità sociale
Negli ultimi anni, il legame tra università e il complesso militare-industriale è diventato sempre più stretto, sollevando questioni etiche e politiche rilevanti. Sempre di più si accendono dibattiti sui rischi legati a questa sinergia, tra chi ritiene che la ricerca universitaria debba mantenere una
funzione autonoma e chi vede nella collaborazione con il settore militare un’opportunità per l’innovazione e i finanziamenti.
Come riportato da Altreconomia, le università europee sono sempre più coinvolte in progetti finanziati da industrie belliche e programmi militari internazionali. In Italia, numerosi atenei hanno stretto accordi di collaborazione con aziende del comparto della difesa, come Leonardo S.p.A., Thales e l’istituto israeliano Technion. Queste collaborazioni, sebbene spesso giustificate con la necessità di progresso tecnologico e ricerca scientifica, pongono interrogativi sulla responsabilità delle università nel promuovere la pace e i diritti umani.
Questo legame suscita interrogativi importanti: è accettabile che università pubbliche, finanziate con le tasse dei cittadini, sostengano indirettamente pratiche belliche o addirittura contesti di occupazione militare?
D’altro canto, la mobilitazione di studenti e docenti per interrompere tali accordi è diventata un movimento significativo, con l’obiettivo di schierarsi apertamente per il cessate il fuoco e la fine delle violazioni dei diritti umani in Palestina.
Torri d’avorio e acciaio: università tra neutralità e complicità
Jacobin Italia sottolinea come l’università moderna, più che una “torre d’avorio” indipendente, si stia trasformando in un avamposto funzionale alle esigenze economiche e geopolitiche del capitalismo globale. La retorica della neutralità della ricerca si scontra con la realtà. Spesso sono proprio gli interessi militari ed economici a guidare le direzioni della scienza e della tecnologia. Questa dinamica rispecchia un sistema di valori che subordina il
sapere al potere, sacrificando l’etica sull’altare dell’utilità.
Come abbiamo già anticipato, il problema delle collaborazioni tra università e industria bellica non riguarda solo l’Italia. A livello europeo, le istituzioni pubbliche hanno spesso sostenuto Israele nonostante le accuse di genocidio mosse dalla Corte Penale Internazionale.
La Germania, ad esempio, è il secondo fornitore di armi a Israele dopo gli Stati Uniti, con esportazioni che nel 2023 sono aumentate di dieci volte rispetto all’anno precedente.
Il professor Michele Lancione, nel suo libro “Università e militarizzazione”, affronta il fenomeno crescente di connessioni tra università e settore militare. Utilizzando esempi concreti, come il coinvolgimento del Politecnico di Torino in progetti con Frontex e Leonardo Spa, Lancione analizza come la collaborazione tra università e industrie militari stia modificando il panorama accademico. Sostiene che le università, spingendosi a collaborare con aziende del comparto militare, rischiano di compromettere la loro indipendenza e la loro capacità di riflettere su temi etici legati alla guerra e alla produzione di armi. Lancione denuncia come la cosiddetta “sinergia” tra istituti di ricerca e imprese nasconda, in realtà, un’alleanza che facilita l’ingresso di logiche militariste nella ricerca scientifica. Il suo lavoro invita a una riflessione critica sulla libertà di ricerca e sulle implicazioni delle collaborazioni tra accademia e industria militare.
La mobilitazione degli studenti e dei docenti
Di fronte a questa situazione, studenti e docenti di diverse università italiane hanno iniziato a mobilitarsi. All’Università di Bologna, un gruppo di docenti ha lanciato una petizione online chiedendo la sospensione immediata dei progetti di ricerca con Thales e Technion, accusati di avere “forti e dirette connessioni con la violazione dei diritti umani dei palestinesi a Gaza”. La petizione ha raccolto circa 300 firme e ha portato il Senato accademico dell’ateneo a discutere il tema del coinvolgimento delle università italiane nei territori palestinesi occupati.
Anche alla Sapienza di Roma, gli studenti hanno chiesto la fine delle collaborazioni con aziende belliche e israeliane. Nonostante le richieste, la rettrice ha mantenuto la sua presenza nella fondazione Med-Or, legata a Leonardo S.p.A., e ha continuato a sostenere i partenariati con l’industria militare.
Riflessioni finali
Le università dovrebbero essere ambasciatrici dei valori costituzionali e promotrici della pace e dei diritti umani. Per le ragioni sopra citate dovrebbero interrogarsi sul proprio ruolo: essere un laboratorio di idee indipendente e democratico o diventare un ingranaggio del sistema militare-industriale? La risposta a questa domanda avrà ripercussioni profonde sul futuro del sapere e sulla capacità di affrontare le sfide globali, dalla pace alla giustizia sociale. Il dibattito rimane aperto, ma è evidente che è necessario un cambio di paradigma: restituire all’università la sua missione originaria di ricerca libera, responsabile e orientata al bene comune.