Alla fine di questo saggio emerge chiara una verità innegabile: la Palestina non è una questione femminista. La Palestina è LA questione femminista.
Il saggio di Nada Elia, pubblicato per la prima volta nel 2023, è stato recentemente ripubblicato dalla casa editrice Alegre con una nota dell’autrice aggiornata a seguito dell’escalation del genocidio del popolo palestinese.
Si tratta di un testo molto accessibile per tuttɜ, ma fondamentale nel proprio percorso di formazione transfemminista decoloniale. O più in generale per essere persone che finalmente smettono di credere alle bugie che Israele e l’occidente bianco ci inculcano con sempre meno maestria. Ad esempio quella di raccontarsi come “l’unico paese gayfriendly della regione”, salvo poi essere i primi persecutori deɜ palestinesɜ lgbtqia+.
Se siete, come chi scrive questa recensione, persone nate e cresciute in occidente da famiglie occidentali, “La Palestina è una questione femminista” ci mette di fronte ai nostri bias, alla nostra arroganza, alla nostra fragilità bianca, senza farci sconti o esprimerci gratitudine. Ricordandoci pezzo per pezzo come abbiamo contribuito con il femminismo bianco e neoliberista a costruire un sistema che opprime, stupra, colonizza terre e corpi. E principalmente i corpi delle donne, delle persone minori e delle persone della comunità lgbtqia+.
Controllo delle nascite, stupri come arma di guerra, ricatti e minacce nei confronti delle persone queer che non hanno ancora fatto coming out, negazione dell’accesso ad adeguate cure prenatale e postnatale, carenza di servizi di salute riproduttiva. Tutto questo per molti decenni prima del 7 ottobre 2023.
Se già conoscete la storia della Palestina, in questo volume troverete anche molto altro. Elia dischiude di fronte a noi un segreto, pagina dopo pagina, che viene urlato dalle popolazioni o soggettività oppresse da secoli: la conoscenza in chi è oppresso genera consapevolezza e cambiamento, ma da sola non basta. Non è solo cosa sai a essere importante, è altrettanto importante come lo comunichi, perché va sfatato il mito colonialista per cui è valido e legittimo solo ciò che si dice nella lingua del colonizzatore.
Riga dopo riga questo libro ci libera di questo filtro razzista, partendo dalle ridefinizioni geografiche come ad esempio l’Isola della Tartaruga fino a una profonda ridefinizione di sé, della lotta e della resistenza globale.
L’autrice ci allena nell’esercizio di una pratica di resistenza alla propaganda colonialista e occidentale: non farci distrarre dal benaltrismo, vale a dire dai sistematici tentativi di distogliere l’attenzione.
E allora il 7 ottobre?
E allora le violenze domestiche all’interno delle famiglie palestinesi?
Ricordandoci che persino l’analisi dei reati nelle zone colonizzate non può mai essere separata dai contesti politici e dai meccanismi di potere.
Per riportare un esempio tra i tanti citati nel saggio, Daher-Nashif in uno studio incentrato sui femminicidi nella striscia di Gaza osserva ancora una volta come il numero di donne uccise aumenta di pari passo all’emarginazione e alla povertà generalizzate, sottolineando che le donne palestinesi sono esposte a molteplici livelli di abuso, sia esso politico, sociale ed economico.
“Non esiste terra libera senza donne libere” recita lo slogan del collettivo palestinese Tal’at.
Ma noi non dobbiamo liberare le donne o le soggettività marginalizzate e discriminate, in Palestina o altrove. Noi persone bianche con cittadinanza occidentale e eteronormate dobbiamo liberare noi stessɜ dai bias coloniali e patriarcali. E nel frattempo rimanere saldamente accanto alla popolazione palestinese tutta nella loro lotta di autodeterminazione e liberazione, agendo nelle piazze, nei luoghi del sapere e nei confronti di chi ci governa per amplificare il loro messaggio.
Un solo stato, dal fiume al mare, libero dal patriarcato e dall’eteronormatività.
Una sola lotta: transfemminista, decoloniale, anticarceraria, ecologista.
Perché, come recita il titolo originale del saggio di Nada Elia, insieme siamo più della somma delle nostre parti.
Con il fine di dare visibilità, per comprendere, per imparare a conoscere quello che è la cultura palestinese aldilà della pornografia del dolore a cui siamo abituatə, ma naturalmente non dimenticandoci delle vere situazioni attuali, abbiamo deciso di iniziare un Bookclub.
Ogni mese discuteremo un libro, introdotto da un articolo sul sito, che racchiude in sé, declinato in diversi modi, il tema palestinese. Proseguiremo con una discussione in diretta Instagram con lə editorə o lə autorə del titolo in questione, avendovi dato il tempo di acquistare e leggere il libro per interagire.
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Io sono Alice Merlo, e vi accompagno in queste letture.