”Versate il caffè nelle tazzine lentamente; non riempite una tazzina alla volta, ma continuate invece a passare da una all’altra, così da distribuire la parte più gustosa, quella iniziale, in tutte le tazzine. È finalmente il momento di godersi il caffè arabo! Ricordate di non bere l’ultimo paio di sorsi, che sono quelli che contengono tutto il sedimento.”
Sono una di quelle persone che, prima di iniziare un nuovo libro, legge sempre l’ultima pagina. Non ho mai creduto nell’idea dei finali come una chiusura e “Ricette di confine. Il cibo narrato dalla Palestina occupata” ne è la prova; scritto da Silvia De Marco, illustrato dalla resistente mano di Chiara De Marco (ada illustrazioni) ed edito da effequ (nel 2018) che continua a confermarsi una delle mie case editrici preferite.
Le ultime righe riportate qui sopra ad una prima lettura (lettura del capire) mi sono parse la precisa descrizione di una buona abitudine medio-orientale, alla seconda (lettura del sentire) una poesia, nonché il cuore del libro. Penso che riassuma perfettamente due concetti chiave presenti in questo testo: la condivisione della tradizione e della storia di una cultura affascinante e dall’altra l’impossibilità, nonostante il desiderio e la volontà, di non assaporare il retrogusto amaro che lo Stato di Israele impone da decenni attraverso insediamenti coloniali illegale ed uno stato di apartheid attraverso il quale sporca, deturpa e distrugge i territori palestinesi ed il suo popolo.
Per chi si trova a vivere in Occidente sente parlare di Palestina solo quando questa terra viene bombardata. La Palestina non è il male che subisce. La Palestina esiste, risorge e vive.
“Ricette di confine” non è solo un ricettario, non è solo un libro. “Ricette di confine” è un invito a sfondare i muri del revisionismo storico e della becera qualità e modalità dell’informazione mainstream occidentale islamofoba e piegata al doppio standard. Silvia De Marco mette a disposizione un libro potente e fruibile soprattutto per chi non ha ancora sentito parlare di Palestina.
Una raccolta varia che ruota attorno alla tradizione culinaria palestinese e lo fa per gradi, con rispetto e amore, in compagnia delle storie di altre persone che si mischiano alla sua, talvolta per qualche ora, altre, per anni. Si comincia dalla base, dalle ricette più semplici per poi addentrarsi nelle profondità di questa terra meravigliosa.
Quel che più mi piace di questo libro è l’idea di essere pensato per essere sfogliato, per cercare qualcosa e, poi, trovare moltə “qualcunə”. Proprio come quando, senza troppo ragionare, cuciniamo. Proprio come quando viviamo.
“Ricette di confine” è anche una libro geografico, una mappa appresa. Richiama. Quando leggo di luoghi, momentaneamente sconosciuti ai miei ricordi, cerco sempre su internet video o fotografie. Così ho fatto appena mi sono imbattuta nella ricetta della Khubbezeh dove si parla di Tulkarem. Ancora prima di vedere le fotografie della piazza principale appare questa notizia: “Tulkarem assediata dall’esercito israeliano, 14 morti” parola da correggere con uccisi.
Oggi, mentre scrivo, è il 23 aprile 2024, al momento sono trascorsi due giorni dall’insediamento della città sita a nord-ovest della Cisgiordania, sono state uccise 14 persone palestinesi, una di queste era l’autista di un’ambulanza, è stato ucciso mentre raccoglieva i cadaveri delle altre persone. Oggi è il duecentesimo giorno in cui è in atto un genocidio nei territori della Palestina occupata. Sono state uccise 42510 persone, 38621 civili, 15780 bambini, 10091 donne e 137 giornalistə.
Lo so, non è il finale che desideravi. Non sei l’unicə.
Continuiamo a parlarle di Palestina.
Palestina libera.