Fadwa Tuqan è stata più di un simbolo nazionale. Parlando espressamente della sua vita privata, è stata una voce femminista all’interno di una società dominata dagli uomini
Se mi legano dentro di voi,
altrettante ali fantastiche mi fanno vagare,
libera nello spazio
La questione nazionale è sempre stato il tema ricorrente degli autori e delle autrici palestinesi dai primi decenni del Novecento ad oggi. Nelle loro produzione la storia, la politica, la letteratura e la poesia sono inevitabilmente intrecciate fra di loro. La necessità di esprimere istanze specificatamente palestinesi, e non arabe in generale, è stata il manifesto della peculiarità d’identità e di cultura tra la popolazione palestinese.
Fadwa Tuqan è considerata la più importante poetessa palestinese del Novecento, oltre che una fra i quattro più importanti poeti della resistenza.
Ma Fadwa Tuqan è stata più di un simbolo nazionale: parlando espressamente della sua vita privata, dei suoi desideri, è stata una voce femminista all’interno di una società dominata dagli uomini. In un’epoca in cui le donne erano escluse dalla poesia, dalla produzione artistica e dalla società, Fadwa Tuqan ha sfidato il patriarcato parlando non solo di se stessa e della sua famiglia, ma facendolo in quanto donna. Fadwa Tuqan non è stata l’unica o la prima poetessa, ma è stata la prima donna a riuscire a vivere scrivendo poesie.
Fadwa nasce a Nablus in una famiglia borghese. La sua è un’infanzia infelice e segnata dalla solitudine. A dodici anni, infatti, viene rinchiusa in casa dal padre, dopo aver accettato un fiore da un ragazzo nel tragitto di ritorno da scuola. È solo con il ritorno di suo fratello, il poeta Ibrahim Tuqan, a cui era molto legata, che Fadwa viene iniziata alla cultura e, soprattutto, alla poesia.
Mentre dal 1967 in poi la sua produzione poetica diventa prevalentemente ed esplicitamente politica, tanto da farle guadagnare il titolo di “poetessa della Resistenza”, sono le poesie del periodo precedente che ci permettono di entrare nella sua vita e nella sua intimità. In queste poesie Fadwa Tuqan ci parla della sua sofferenza, dell’esperienza della reclusione e dell’isolamento, della mancanza del fratello, dei suoi desideri, dell’amore, della bellezza della natura.
Vi trovo una fanciullezza
morsa dalla catena dell’oppressione
e della prigionia, una fanciullezza piangente,
i cui giorni sfioriscono nella solitudine
e nella segregazione
Muore immersa nel silenzio,
i fiori che le sono attorno
non sono pieni di gioia.
Sorella mia, cosa è successo?
Ti abbandona la rugiada
E sei morta nel pieno della vita?
Ti hanno forse respinta i fiori?
Ti ha privata dell’aria
il venticello della collina?
Dopo la Nakba e la morte del padre, Fadwa Tuqan riesce a conquistare le prime libertà ed inizia a frequentare il circolo culturale misto dove incontra politici e intellettuali. I suoi primi componimenti di natura politica però non sono tanto il risultato di una coscienza politica matura, bensì rappresentano la naturale reazione alle tragedie e alle sofferenze del popolo palestinese. In questi anni viaggia per l’Europa e vive per un breve lasso di tempo nel Regno Unito. In questo periodo le sue poesie si concentrano sull’amore, un amore senza nome, volto o storia: un amore non reale. Invece l’innamorata cambia continuamente carattere e volto, di conseguenza ogni poesia descrive una sfumatura diversa dell’amore quasi a creare un compendio delle relazioni romantiche.
Ieri ti ho incontrato
ma i miei occhi non ti hanno riconosciuto.
Ho chiesto al mio cuore
se aveva veramente nutrito amore per te.
Ho indagato in esso
per cercare alcune tracce di te,
senza trovarne.
Quando mi hai teso la mano
per salutarmi, eri per me un estraneo.
È vero che ti ho amato un giorno?
E come?
O eri per me l’immagine di un sogno?
Anche se fossi stato un amore immaginario,
come è potuto svanire questo amore,
senza lasciare segni o ricordi?
L’amore era un rifugio
per ingannare il nostro smarrimento.
Tutto è finito, compagno mio!
Il nostro amore era una vicendevole
invocazione di soccorso fra due naufraghi.
Non avevamo nulla da offrirci
e la nostra voce cadeva fra le onde, nell’oscurità
dei mari più profondi.
Inutilmente cercavamo
che l’amore ci desse il filo della vita.
Tu lo sai: non chiedere del nostro amore,
il nostro tentativo è fallito.
Peccato! Che cosa abbiamo guadagnato?
Solo ferite e strazio
Non si può quindi ridurre la poetica di Fadwa Tuqan alla politica, ed è con queste parole che Mahmoud Darwish ci descrive la sua essenza: “Era contemporanea ai poeti della Nakba e non ne faceva parte; era contemporanea ai poeti modernisti arabi e non ne faceva parte; era contemporanea ai poeti della resistenza e non ne faceva parte. Ha mantenuto la propria identità poetica. E ha anche mantenuto ciò che assomiglia alla “costante” nella poesia, cioè la tendenza romantica “.
Martina Bi.