La Tomba dei Patriarchi, o Grotta di Machpelah, sorge imponente nella città di Hebron, in Cisgiordania, e rappresenta uno dei siti sacri più antichi e venerati del mondo. Ma, come spesso accade in Terra Santa, non è solo un luogo di culto; è un testimone silenzioso della storia, un custode di memorie millenarie. Camera che adorna di sacralità il riposo dei patriarchi abramitici, la Tomba ha un volto profondamente politico. Le pietre che ne formano le mura, consumate dal tempo e dalla devozione, hanno conosciuto amore e odio, conquiste e riconquiste. Restano lì, forti, guardiane, radicate a una terra il cui nome cambia, ma il cui cuore è il medesimo.
Ponte e frattura
Questo sito emblematico costituisce, al contempo, un ponte e una linea di profonda frattura per le tre grandi religioni monoteiste: ebraismo, cristianesimo e islam. Non potendo ridurre la storia di questo luogo a una semplice narrazione di carattere religioso – che errore che commetteremmo! – risulta appropriato considerarla, piuttosto, come un intreccio complesso tra elementi spirituali, politici e identitari. È un approccio impostoci dall’accuratezza storica e da un’integrità intellettuale che ora, più che mai, deve restare salda, superando gli ostacoli imposti da bias paralizzanti. La Tomba dei Patriarchi solleva interrogativi fondamentali su appartenenza, spazio sacro e potere. Tali questioni risultano particolarmente rilevanti nel contesto del conflitto israelo-palestinese, dove il sito diviene simbolo di tensioni secolari che coinvolgono religione e politica, consolidando la sua centralità non solo nel passato ma anche nelle dinamiche contemporanee della regione.
Sacralità del sito
La storia della Tomba dei Patriarchi affonda le sue radici nell’antichità biblica. Secondo il racconto del Libro della Genesi, fu Abramo, il patriarca condiviso dalle tre religioni sopracitate – denominate, appunto, abramitiche – a comprare il terreno di Machpelah per seppellire sua moglie Sarah, segnando l’inizio di un legame sacro tra questo sito e le grandi religioni monoteiste. Successivamente, Abramo stesso vi fu sepolto, accanto ai suoi discendenti Isacco e Giacobbe, insieme alle loro mogli Rebecca e Lea. Ogni tomba rappresenta un simbolo di straordinaria potenza che varca i confini teologici e rivela quanto tutto, persino un sepolcro, sia politica. È così che il sito rappresenta un solo cuore e tre diversi sistemi linfoidi.
I diversi volti della Tomba
Dal punto di vista architettonico, la struttura fu eretta nel I secolo a.C. sotto Erode il Grande e rimane uno dei pochi esempi di architettura erodiana, con una maestosità paragonabile solo alle mura del Secondo Tempio di Gerusalemme. Attraverso i secoli, la Tomba dei Patriarchi ha subito diverse trasformazioni: basilica cristiana in epoca bizantina, moschea sotto il dominio omayyade, chiesa durante le Crociate e infine riconvertita in moschea dopo la riconquista musulmana di Saladino al termine del XII secolo. Il paesaggio culturale di Hebron porta i segni di questa storia e continua a subire modifiche dal conflitto contemporaneo.
Un simbolo potente
La funzione di spazio condiviso e contestato è interessante. Abramo è per gli ebrei colui che ricevette la divina promessa della Terra di Israele e rappresenta una figura prominente anche per i cristiani. Per i musulmani fu un profeta che ha incarnato la totale sottomissione alla volontà divina, per questo il sito è conosciuto anche sotto il nome di Al-Haram al-Ibrahimi (Moschea di Abramo). Le modifiche subite dal sito riflettono le fedi di coloro che lo hanno conquistato nei secoli. Poiché un simbolo è potente tanto vigorosa rimane la fede – in questo caso, le fedi – in ciò che rappresenta.
La triplice sacralità della Tomba dei Patriarchi ha trasformato il sito in un luogo di conflitto oltre che di devozione. Hebron è tra le città più contese della regione, e la tomba è diventata un emblema delle divisioni tra palestinesi musulmani e coloni israeliani. Dopo la guerra dei Sei Giorni del 1967, Israele prese il controllo di Hebron. Il massacro del 1994, quando Baruch Goldstein, estremista israeliano, uccise 29 musulmani nella moschea durante il Ramadan, ha ulteriormente esacerbato le divisioni, portando a una severa separazione fisica tra le aree di preghiera ebraica e musulmana.
Microcosmo del conflitto
La Tomba dei Patriarchi rappresenta un microcosmo del conflitto israelo-palestinese. La suddivisione in due aree della città di Hebron e la stragrande maggioranza della popolazione palestinese rispetto ai coloni israeliani evidenzia la segregazione nel territorio. La gestione complessa del sito sacro rafforza il senso di alienazione tra le comunità e riflette la complessità delle dinamiche dell’intera regione.
In un reportage della RSI si scrive di Hebron come “uno dei luoghi più emblematici del fallimento del processo di pace”. Nella città vecchia, la contesa per la Tomba dei Patriarchi rivela come la storia possa essere politicizzata e la sacralità del sito arbitrariamente strumentalizzata.