di Federica Sammali
Qualche numero
L’offensiva nella Striscia di Gaza continua a provocare distruzioni su scala senza precedenti, infliggendo danni di natura umanitaria, culturale, storica ed educativa.
Nel dicembre 2023, il portavoce dell’UNICEF, Jonathan Crick, aveva dichiarato che forme e mezzi di apprendimento nella Striscia di Gaza erano stati distrutti. Più di 600.000 studenti, compresi 90.000 universitari, non hanno più, ad oggi, scuole o università da frequentare. Secondo i dati aggiornati al 9 settembre 2024, sono circa 45.000 i bambini che non hanno potuto iniziare la prima elementare a Gaza. L’istruzione è di fatto sotto assedio in Palestina.
Scolasticidio: il sistema educativo nel mirino
Non esiste una definizione giuridicamente codificata per il termine “scolasticidio”. La parola si riferisce alla distruzione delle strutture che costituiscono il sistema educativo e di conoscenza di un luogo, di una nazione, di una comunità. Il termine è stato coniato dalla docente Karma Nabulsi nel 2009, durante il periodo dell’“Operazione Piombo Fuso” a Gaza. Serviva a indicare la sistematica demolizione del sistema di istruzione, degli istituti scolastici e dei centri educativi nei territori palestinesi.
Oltre al lavoro di Nabulsi del 2009, un ampio corpus di studi ha delineato la definizione di “scolasticidio” o quella, ancor più ampia, di “educidio”. In particolare, il libro Cultural Cleansing in Iraq: Why Museums Were Looted, Libraries Burned and Academics Murdered del 2009. Il testo rappresenta un primo tentativo di leggere l’educidio come un processo legato alla volontà di distruggere non solo il sistema scolastico e dell’istruzione, ma anche la memoria storica associata alle istituzioni culturali in Iraq. Il concetto di “pulizia culturale” denunciato si riferisce alla strategia bellica del distruggere per poi ricostruire, secondo gli interessi della potenza occupante e belligerante.
Cancellare le radici culturali
Anche il libro Cultural Cleansing and Mass Atrocities di Simon Adams evidenzia, un aspetto importante a tal proposito. Sottolinea il legame tra la distruzione materiale del patrimonio storico e la volontà di cancellare le radici culturali di una comunità. Impedire quindi la creazione della propria identità caratterizzante. L’autore intavola una discussione sulla base di tre esempi. In primis la distruzione dei Buddha di Bamiyan nel 2001 e gli attacchi contro la popolazione Hazara in Afghanistan. Poi la campagna del 2014-17 dello Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (ISIS) per distruggere le culture delle minoranze nel nord dell’Iraq. Infine, gli sforzi in corso del governo cinese per demolire la cultura uigura nella provincia dello Xinjiang.
Più recentemente, associazioni come la British Society for Middle East Studies e la Middle East Studies Association, ma anche numerosi accademici e accademiche della Striscia di Gaza (lettera aperta del 29 maggio 2024), hanno ridefinito quanto sta avvenendo nella Striscia di Gaza come vero e proprio “educidio” o “scolasticidio”.
Assedio all’istruzione: implicazioni
Lo scolasticidio va oltre il semplice danneggiamento delle scuole e delle università nella Striscia di Gaza. “È la distruzione del futuro e della speranza dei giovani di Gaza”, afferma Sameer Hanna Khader, docente del Politecnico di Hebron (intervista dell’8 luglio 2024).
Khader sottolinea che a causa delle restrizioni e della tensione cresciuta dopo il 7 ottobre, è sempre più difficile per gli studenti frequentare le lezioni. Alcuni sono stati arrestati o fermati ai checkpoint, per cui oltre università hanno deciso di mantenere un approccio misto. Gli studenti che riescono a frequentare fisicamente vanno in università, con i professori presenti nelle classi. Viene tuttavia garantita la possibilità di partecipare alle lezioni da remoto, così come agli esami. Nella Striscia di Gaza, invece, nessuna scuola o università è operativa a causa della mancanza di personale, studenti e studentesse e della distruzione degli edifici.
Barriere all’istruzione
In Cisgiordania e a Gerusalemme Est, l’aumento della violenza e delle restrizioni ai movimenti a partire da ottobre 2023 ha creato nuove barriere all’apprendimento. I dati del Ministero dell’Istruzione e del Cluster Educazione indicano che, da ottobre 2023, molte scuole in Cisgiordania sono rimaste chiuse. La percentuale varia tra l’8% e il 20%. Anche quando le scuole sono rimaste aperte, la paura della violenza ha influenzato le presenze. Le crescenti restrizioni ai movimenti e l’impatto sulla salute mentale hanno portato a una frequenza molto sporadica, aggravando ulteriormente la situazione.
Sia nella Striscia di Gaza che in Cisgiordania gli attacchi contro le scuole e il sistema educativo sono aumentati nelle ultime settimane. Stando ai dati aggiornati a settembre 2024, nella Striscia di Gaza almeno l’84% delle scuole richiede una ricostruzione completa. In ogni caso, saranno necessari significativi interventi di riabilitazione prima che le lezioni possano riprendere. Il Ministero dell’Istruzione Palestinese riporta che a settembre, in Cisgiordania si sono verificati 69 attacchi alle scuole. Inoltre, si sono registrati 2.354 incidenti che hanno coinvolto scuole, studenti e insegnanti, sia dentro che nei pressi degli edifici scolastici.
Un futuro in bilico
L’istruzione è davvero sotto assedio in Palestina. Il settore educativo continua, peraltro, ad essere uno dei meno finanziati negli appelli umanitari. UNICEF ha stimato che la programmazione educativa nello Stato di Palestina presenta un deficit di finanziamento dell’88%. Questo avviene nonostante l’istituzione di 39 Spazi Temporanei per l’Apprendimento nella Striscia di Gaza.
In questo contesto, è evidente che il progressivo degrado del sistema educativo ostacola ed erode il godimento del fondamentale diritto all’istruzione. Questo degrado priva le nuove generazioni delle opportunità e capacità necessarie per costruire un futuro dignitoso.