Territorio, popolo, sovranità effettiva ed indipendente. Sono questi i tre elementi necessari per definire l’esistenza di uno Stato come soggetto di diritto internazionale. Un ente consistente in un’organizzazione di governo che eserciti in maniera indipendente ed effettiva il proprio potere su una comunità territoriale è dunque uno Stato.
Sulla base di ciò, è evidente come non sia possibile ad oggi affermare l’esistenza di un vero e proprio Stato di Palestina, a causa delle occupazioni, degli insediamenti e del controllo israeliano su parte del territorio palestinese. Conseguente è l’assenza di uno degli elementi necessari alla definizione di Stato, ossia la sovranità effettiva ed indipendente.
Nonostante già nel novembre del 1947 venne approvata, tramite la Risoluzione 181 dell’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, la partizione del territorio palestinese in due Stati, uno arabo e uno ebraico, lo Stato della Palestina non ha ancora visto la luce.
Infatti, mentre nel maggio del 1948 il leader della comunità ebraica di Palestina, David Ben Gurion, proclamò la nascita dello Stato di Israele. La popolazione palestinese, con l’appoggio di gran parte dei paesi arabi della regione, respinse la risoluzione Onu, ritenuta ingiusta e faziosa, dando origine a una rivolta. Iniziò così la lunga e sanguinosa serie di conflitti e violenze che perdurando ancora oggi hanno impedito al popolo palestinese di raggiungere la pace e la stabilità.
Pur non avendo assunto una forma statuale, la resistenza palestinese ha tuttavia adottato, nel corso degli anni, strutture organizzative. Nel 1964 venne creata l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP), che dotandosi di organi politico-amministrativi si pose come obiettivo iniziale, da raggiungersi attraverso l’uso della lotta armata, la completa liberazione della Palestina. Quest’ultima intesa come l’entità territoriale esistente sotto il mandato britannico conclusosi nel 1948.
Le rigide posizioni dell’OLP si andarono via via attenuando, complici anche le pesanti sconfitte subite dapprima dalla Lega araba e successivamente dalla guerriglia palestinese nei confronti di Israele. A tal proposito di importanza rilevante fu il discorso pronunciato di fronte all’Assemblea generale dell’ONU da parte del leader dell’OLP, Yasser Arafat, nel novembre del 1974. Durante tale discorso Arafat, presentatosi al palazzo di vetro munito di ramo d’ulivo come simbolo di pace ma anche in vesti militari in segno di resistenza, espresse chiaramente la disponibilità dell’OLP al perseguimento di una soluzione politica senza tuttavia rinunciare alla possibilità di ricorrere alla forza qualora la diplomazia non fosse stata sufficiente: “Sono venuto qui tenendo in una mano un ramo d’olivo e nell’altra le armi di un combattente della libertà, non lasciate cadere dalla mia mano il ramo di olivo”. Nello stesso mese l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina venne riconosciuta dall’ONU come legittimo rappresentante del popolo palestinese, con la concessione dello status di osservatore presso l’Assemblea Generale.
Tale processo di moderazione culminò, alla fine degli anni ‘80, nell’accettazione palestinese della cosiddetta soluzione a due Stati, con il conseguente riconoscimento dello Stato israeliano e l’autoproclamazione dello Stato della Palestina da parte di Yasser Arafat. Ma questo processo di avvicinamento non fu reciproco, il governo israeliano e la maggior parte dei governi dei paesi occidentali non riconobbero, e non riconoscono tutt’oggi, lo Stato di Palestina.
Come precedentemente accennato, il riconoscimento dell’esistenza dello Stato palestinese da parte di altri attori del sistema internazionale non avrebbe come conseguenza l’effettiva nascita di tale Stato da un punto di vista giuridico. L’ANP, l’Autorità Nazionale Palestinese creata a seguito degli accordi di Oslo del 1993, non esercita, infatti, un effettivo governo sui territori sottoposti alla sua amministrazione, che sono ad oggi ancora in buona parte sotto il controllo delle forze armate israeliane.
Nonostante ciò, un ampio riconoscimento internazionale avrebbe, oltre che un fortissimo valore simbolico, la capacità di favorire la futura acquisizione della qualità di Stato da parte della Palestina. Il riconoscimento rappresenterebbe un gesto di speranza per la popolazione palestinese in merito alla reale intenzione delle potenze internazionali di dare attuazione alla più volte proclamata volontà di pacificare la situazione attraverso la creazione di due Stati, entrambi autonomi, stabili e indipendenti. Inoltre, potrebbe facilitare la ripresa dei negoziati di pace in una condizione di maggiore parità.
Sostanziali passi in tal senso sono stati compiuti negli anni più recenti. Dal 15 novembre 1988, data in cui il leader dell’OLP proclamò la nascita dello Stato, la Palestina è stata gradualmente riconosciuta da 130 Stati appartenenti principalmente all’area dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina.
Una svolta significativa si ebbe però nel 2011 quando venne accordata l’adesione della Palestina all’UNESCO come Stato membro, e ancor più nel 2012 grazie alla Risoluzione 67/19 dell’Assemblea generale dell’ONU. Tale risoluzione, approvata nonostante la forte opposizione di Israele e Stati Uniti, decretò con 138 voti favorevoli, 41 astenuti e 9 contrari, l’attribuzione alla Palestina dello status di Stato osservatore non membro delle Nazioni Unite, e venne introdotta per la prima volta la designazione ufficiale “Stato della Palestina”.
Un simile passo venne successivamente intrapreso dall’Assemblea di una tra le principali organizzazioni internazionali presenti sulla scena mondiale: il Parlamento dell’Unione Europea. Nel 2014 il Parlamento europeo ha infatti approvato la Risoluzione 2014/2964 (RSP), con la quale, oltre a sottolineare l’illegalità degli insediamenti in forza del diritto internazionale ed a condannare tutti gli atti di violenza messi in atto da ambo le parti, “ribadisce il proprio fermo sostegno a favore della soluzione a due Stati basata sui confini del 1967, con Gerusalemme come capitale di entrambi gli Stati e con uno Stato di Israele sicuro e uno Stato di Palestina indipendente, democratico, territorialmente continuo e capace di esistenza autonoma, che vivano fianco a fianco in condizioni di pace e sicurezza, sulla base del diritto all’autodeterminazione e del pieno rispetto del diritto internazionale”, e afferma quindi di sostenere “in linea di principio il riconoscimento dello Stato palestinese e la soluzione a due Stati”.
Le azioni poste in essere dall’Assemblea generale dell’ONU e dal Parlamento europeo sono cariche di un forte valore simbolico, in quanto per la prima volta la posizione palestinese viene in parte accolta nell’ambito di istituzioni rappresentative della volontà di tutta la comunità internazionale, e addirittura, con particolare riferimento alla Risoluzione del PE, di organi che rappresentano la volontà di cittadini appartenenti esclusivamente al mondo occidentale.
Tutto questo non è però sufficiente. Basti considerare che facendo riferimento ai singoli Stati, nonostante l’azione di numerosi Parlamenti nazionali, ad oggi la Svezia è l’unico tra i governi europei ad aver proceduto al riconoscimento dello Stato della Palestina.
È necessaria un’azione più coesa e coerente da parte dei paesi della comunità internazionale a sostegno delle richieste palestinesi che, almeno per quanto riguarda il riconoscimento e l’effettiva creazione di un’entità statale, rispecchiano proprio quell’originario progetto elaborato dalla stessa comunità internazionale già nel lontano 1947.
Giulia Malafarina